giovedì 3 settembre 2015

Io e Murphy

Parafrasando nel titolo un noto libro, che non ho letto e mai leggerò, ecco qui il resoconto della prima tappa. E' stato scritto di getto sul cellulare, da solo, in un paesino senza elettricità (scherzo, ma non troppo). Capirete tutto leggendo. Mancano un paio di apostrofi e qualche frase non scorre bene, non lo correggo non per pigrizia o superficialità ma perché credo sia giusto così, prendetelo per quello che è, al naturale. "Partenza verso le dieci da Ferrara, bici stracarica, tenda, sacco a pelo, cambi e ricambi, mantellina, powerbank, due barroccie, kit per il bagno, asciugamano e anche il filo interdentale, tutto il necessario per trasformare una bici da corsa in un Panzer di venti kg. I primi km scorrono lenti, le gambe non girano, mi faccio coraggio e passano in serie tutti quei paesotti senza personalità lungo la strada Porrettana, paesi in cui anche il nome è presagio di noia, Malalbergo, Altedo, Uccellino, Pegola... Il cartello che indica Bologna ha cifre sempre più piccole e decido come avevo pianificato di deviare per Granarolo (muuu) dell'Emilia e poi Castenaso in modo da evitare Bologna e i suoi orchestrali ed entrare in Appennino dalla parte più pittoresca e ciclabile..ma ma ma..da questo punto in poi un po' di presagi e segni divini andranno a ostacolare il mio percorso... Primo segno di Ptetar, figlio di Zgor: arrivato a Castenaso devo deviare per Ozzano, ne approfitto per fare una sosta e mangiare una focaccina (servita da una ragazza di mamma cinese e papà francese, una stragn..una ragazza molto carina, che mi augura buon viaggio, sapessi ah!), mentre degusto la merenda vedo passare un vigile urbano, ne approfitto per chiedere lumi riguardo alla direzione da prendere, fa "Ah, scusa ma non sono di queste parti!" Eh? Ok, ok, va bene, dovrebbe solo indicarmi la via per Ozzano, e lei "Ah sì Ozzano, guarda prendi la rotonda GRANDE e poi la seconda uscita arrivi subito". Alla parola GRANDE sarei dovuto scappare, e invece sono uno che si fida, purtroppo. Finisco di bere la prima CocaCola della giornata e riprendo la bici, la stragn..la bella ragazza mi saluta con la mano, o forse era un addio avendo ascoltato il consiglio della vigilessa, senza osare un intervento. Arrivo, e non capisco, questa non è una rotonda, non è un cerchio o un ellisse con delle uscite, no, è un loop di asfalto che si interseca con un altro loop, sembra un nastro di Moebius dove auto e camion sono catturati per sempre senza possibilità di uscita. Cerco una via di fuga, impossibile, una volta dentro o pedali o muori. Mi alzo sui pedali, il manubrio con la tenda sembra dotato di vita propria e va dove decide lui, riesco a raggiungere una velocità accettabile per non essere il nuovo stemma del camionista del Diavolo che mi si avvicina pericolosamente alle spalle... vedo la seconda uscita, Imola, Budrio ehhh Are you fuckin' kidding me? Mi fido? Se vado avanti sarò risucchiato per sempre, mi butto. Pedalo credo nella strada più trafficata del nord italia, camion e tir continuano a farmi il pelo, in lontananza per fortuna scorgo l'uscita Ozzano, mi rilasso un attimo e penso di avercela fatta, sono vivo! Vivo! Mentre mi ripeto queste parole vedo pezzi di caschetto da bici per terra..mmm, sento un leggerissimo dolore intercostale, uno spasmo coronarico da fifa credo... abbandono l'andatura da soma e tiro una volata fino all'uscita. Mai più. Secondo segno: essere giovani non vuol dire un cazzo. Mi fermo per un attimo di sosta, tiro un paio di porcellini e bevo qualcosina. Mi si avvicina un ragazzo, un tipo apposto, troppo apposto. Occhialino, barbettina, mi da del lei! Ragioniere suvvia, ho la faccia da Lei io? Rispondo col tu e lui assorbe il colpo con malcelata disinvoltura. Mi chiede dove vado, gli mostro la mappa e dice "Ah ma guardi via Pellizotti è di là!" Guardi? Ah è congiuntivo! Ok, grazie..intanto passa una coppia di arabi, marito e moglie, ovviamente lei rompe i coglioni e si lamenta, ovviamente lo fa in arabo, ma la faccia del marito era in modalità Google Translate. Giro la bici e seguo le indicazioni, al cartello Maggio devo svoltare a destra, arrivo vedo il cartello e... Via S.Pietro! Ovviamente lo chiamo subito in causa e noto una certa variazione nella forma delle nubi... Basta, mi sono rotto i didimi! Accendo il navigatore, imposto la destinazione e il tipo di percorso, evito quello per Auto, quello per bici non è disponibile e allora la scelta si restringe alla modalità A piedi, tanto vuoi che sia così sfigato da.. Punto numero tre: se qualcosa può andare storto lo farà. Seguo pedissequamente le indicazioni della signorina nell'auricolare, svolta a dx, svolta a sn, tutto fila liscio. Poi improvvisamente inizia a diventare sempre più taciturna, chissà cosa starà architettando...e infatti..Svolta in via Guido Guidi, eccolalla! Non è una via, è un tratturo di ghiaia e pietrisco di dimensioni medio-grandi, con gli pneumatici da 21mm gonfiati a 8 atmosfere è un suicidio, tornare indietro di 20 km anche, ecco che quindi come un tordo mi sono infilato da solo nella tela della Stronza. Decido di andare avanti comunque, rimbalzo di pietra in pietra fino a quando non divento completamente bianco, dopo dieci minuti vedo l'asfalto in lontananza e benedico il catrame, vaffanculo la CO2 risparmiata, ho una voglia matta di inquinare qualcosa adesso. Se siete giunti fino a questo punto, vi sarete chiesti il perché dunque di questo pistolotto, se sono in viaggio perché perdo tutto questo tempo a scrivere ecco, adesso viene il bello, bellostocazzo... Ormai ho fatto quasi 80 km tra una deviazione e l'altra, mancano poco più di 30 km al camping e nonostante tutto mi sento ancora in forma, le gambe in salita girano, il fiato tiene, tutto lascia sperare che la meta sia vicina e invece.. Premessa, ho percorso qualche km in bici nella mia vita, mi è capitato di tutto, sono caduto, ho pedalato con la neve e sotto la pioggia in quota, insieme al mio bro ho affrontato tante salite e mai è successo qualcosa a parte qualche foratura o qualche piccolo problemino ai freni... Stavolta invece si è rotto il cambio in due, mentre ero in salita, da solo e lontano da casa. Si è infilato nella ruota e sono rimasto bloccato nel mezzo della salita, ho dovuto smontare la ruota e il cambio, legare il filo al telaio, infilare alla meno peggio la catena e scendere giù. Ero quasi arrivato a destinazione, ero felice e invece adesso sono seduto su una panchina in plastica di un bar chiuso per ferie fino al 10/09, in un paesino sperduto tra i colli, a scrivere quanto sfiga ho, aspettando che vengano a prendermi. Anche se a dire il vero sono contento lo stesso, si viaggia per una storia, altrimenti si è solo turisti."

martedì 1 settembre 2015

Una bici, due gambe, un piccolo viaggio

Parto domani per un piccolo viaggio in bici, anzi in bikepacking che vuol dire tenda legata al manubrio, borsa sottosella con tutto il nécessaire per il pernottamento all'aperto e tanta voglia di arrivare... A dire il vero c'è anche tanta paura di non farcela e credo che stasera sognerò un enorme mostro a due teste chiamato Appennino tosco-emiliano :D Stay tuned

sabato 21 febbraio 2015

Terza persona, giorno di pioggia, ombrello cinese.

Improvvisamente la strada andò restringendosi e si ritrovò a camminare per un pensiero sottilissimo, equilibrista della mente che non può sfuggire ai suoi ricordi fatti di corda. Incerto andò avanti, passo dopo passo, fra le immagini della sua vita. Poi ad un tratto il suo riflesso lo riportò alla realtà, specchio di pozzanghera e anima, negli occhi di acqua sporca.

Guardarsi così tremolante lo fece sorridere.


Ai lati del marciapiede, enormi plumbee anguille, continuavano a infilarsi sinuose fra i tombini, riflettendo sul dorso lampioni e luci.  Altre scendendo dai tetti, veloci e serpeggianti, sibilando fra i tubi di rame si unirono alle loro sorelle. Sporche di tetto, sature di smog, acqua che lava i peccati. Così sembrava che andassero nell’Ade dopo essersi macchiate di uomo.


Quante strade senza fine, percorsi della mente. Ad ogni passo un ammaraggio.


Le guance continuavano a freddarsi e i pensieri si affilavano, nel cono di salvezza dell’ombrello che l’ennesimo colpo d’ali fece parabola.L’acqua gli bagnò il viso, le labbra, dolce. Per un attimo chiuse gli occhi.“Perché mi guardi così?”“Perché mi pare impossibile.”“Che cosa?”“Pensavo... Invece ora… Sai credevo fossi irraggiungibile.”


Bacio dal cielo, sogno che strazi. Pioggia che ami.


Si lasciarono così, fra il desiderio che andava evaporando e un sorriso, punto bianco nella notte. Che cosa sarà mai questa attesa? Perché dedalo di vita non ti mostri? Fuggi! Fuggi! Anche un labirinto dall’alto non fa più paura.



Rob.
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venerdì 13 febbraio 2015

Le Metamorfosi di Ovidio "La caduta di Fetonte" - Metamorphoses by Ovid "The fall of Phaeton"




Sebastiano Ricci - La caduta di Fetonte - Pinacoteca del Museo Civico di Belluno

http://museo.comune.belluno.it/collezioni-storico-artistiche/pinacoteca/

Museo Civico
piazza Duomo, 16
32100 Belluno – IT
Tel. 0437-913282  Fax: 0437-944836
e-mail: museo@comune.belluno.it
Interactive Street View image.



Sed neque quas posset terris inducere nubes

tunc habuit, nec quos caelo demitteret imbres: 310

intonat et dextra libratum fulmen ab aure

misit in aurigam pariterque animaque rotisque

expulit et saevis conpescuit ignibus ignes.

consternantur equi et saltu in contraria facto

colla iugo eripiunt abruptaque lora relinquunt: 315

illic frena iacent, illic temone revulsus

axis, in hac radii fractarum parte rotarum

sparsaque sunt late laceri vestigia currus.

At Phaethon rutilos flamma populante capillos

volvitur in praeceps longoque per aera tractu 320

fertur, ut interdum de caelo stella sereno

etsi non cecidit, potuit cecidisse videri.

quem procul a patria diverso maximus orbe

excipit Eridanus fumantiaque abluit ora.

Naides Hesperiae trifida fumantia flamma 325

corpora dant tumulo, signant quoque carmine saxum:

hic : sitvs : est : phaethon : cvrrvs : avriga : paterni

qvem : si : non : tenvit : magnis : tamen : excidit : avsis





Ma in quel momento non gli servirono nubi

per coprire la terra, né pioggia che cadesse dal cielo:

tuonò, e librato un fulmine alto sulla destra,

lo lanciò contro l'auriga, sbalzandolo dal cocchio

e dalla vita, e con la furia del fuoco il fuoco represse.

Atterriti s'impennano i cavalli e con un balzo sciolgono

il collo dal giogo, spezzano i finimenti e fuggono.

Qui cadono i morsi, più in là l'asse divelto del timone,

da questa parte i raggi delle ruote fracassate e ciò che resta

del cocchio in frantumi è disseminato in ogni luogo.

Fetonte, con le fiamme che gli divorano i capelli di fuoco,

precipita vorticosamente su sé stesso e lascia nell'aria

una lunga scia, come a volte una stella che sembra

cadere, anche se in verità non cade, dal cielo sereno.

Lontano dalla patria, in un'altra parte del mondo,

l'accoglie l'immenso Erìdano, che gli deterge il viso fumante.

Le Naiadi d'Occidente seppelliscono il corpo incenerito

dal fulmine a tre punte e sulla lapide incidono questi versi:

"Qui giace Fetonte, auriga del cocchio di suo padre;

e se non seppe guidarlo, pure egli cadde in una grande impresa".


Now he has no clouds to cover the earth, or rain to shower from the sky. He thundered, and balancing a lightning bolt in his right hand threw it from eye-level at the charioteer, removing him, at the same moment, from the chariot and from life, extinguishing fire with fierce fire. Thrown into confusion the horses, lurching in different directions, wrench their necks from the yoke and throw off the broken harness. Here the reins lie, there the axle torn from the pole, there the spokes of shattered wheels, and the fragments of the wrecked chariot are flung far and wide.

But Phaethon, flames ravaging his glowing hair, is hurled headlong, leaving a long trail in the air, as sometimes a star does in the clear sky, appearing to fall although it does not fall. Far from his own country, in a distant part of the world, the river god Eridanus takes him from the air, and bathes his smoke-blackened face. There the Italian nymphs consign his body, still smoking from that triple-forked flame, to the earth, and they also carve a verse in the rock:

HERE PHAETHON LIES WHO THE SUN’S JOURNEY MADE
DARED ALL THOUGH HE BY WEAKNESS WAS BETRAYED

Translated by Sir Samuel Garth, John Dryden, et al
http://classics.mit.edu/Ovid/metam.html