sabato 21 febbraio 2015

Terza persona, giorno di pioggia, ombrello cinese.

Improvvisamente la strada andò restringendosi e si ritrovò a camminare per un pensiero sottilissimo, equilibrista della mente che non può sfuggire ai suoi ricordi fatti di corda. Incerto andò avanti, passo dopo passo, fra le immagini della sua vita. Poi ad un tratto il suo riflesso lo riportò alla realtà, specchio di pozzanghera e anima, negli occhi di acqua sporca.

Guardarsi così tremolante lo fece sorridere.


Ai lati del marciapiede, enormi plumbee anguille, continuavano a infilarsi sinuose fra i tombini, riflettendo sul dorso lampioni e luci.  Altre scendendo dai tetti, veloci e serpeggianti, sibilando fra i tubi di rame si unirono alle loro sorelle. Sporche di tetto, sature di smog, acqua che lava i peccati. Così sembrava che andassero nell’Ade dopo essersi macchiate di uomo.


Quante strade senza fine, percorsi della mente. Ad ogni passo un ammaraggio.


Le guance continuavano a freddarsi e i pensieri si affilavano, nel cono di salvezza dell’ombrello che l’ennesimo colpo d’ali fece parabola.L’acqua gli bagnò il viso, le labbra, dolce. Per un attimo chiuse gli occhi.“Perché mi guardi così?”“Perché mi pare impossibile.”“Che cosa?”“Pensavo... Invece ora… Sai credevo fossi irraggiungibile.”


Bacio dal cielo, sogno che strazi. Pioggia che ami.


Si lasciarono così, fra il desiderio che andava evaporando e un sorriso, punto bianco nella notte. Che cosa sarà mai questa attesa? Perché dedalo di vita non ti mostri? Fuggi! Fuggi! Anche un labirinto dall’alto non fa più paura.



Rob.
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venerdì 13 febbraio 2015

Le Metamorfosi di Ovidio "La caduta di Fetonte" - Metamorphoses by Ovid "The fall of Phaeton"




Sebastiano Ricci - La caduta di Fetonte - Pinacoteca del Museo Civico di Belluno

http://museo.comune.belluno.it/collezioni-storico-artistiche/pinacoteca/

Museo Civico
piazza Duomo, 16
32100 Belluno – IT
Tel. 0437-913282  Fax: 0437-944836
e-mail: museo@comune.belluno.it
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Sed neque quas posset terris inducere nubes

tunc habuit, nec quos caelo demitteret imbres: 310

intonat et dextra libratum fulmen ab aure

misit in aurigam pariterque animaque rotisque

expulit et saevis conpescuit ignibus ignes.

consternantur equi et saltu in contraria facto

colla iugo eripiunt abruptaque lora relinquunt: 315

illic frena iacent, illic temone revulsus

axis, in hac radii fractarum parte rotarum

sparsaque sunt late laceri vestigia currus.

At Phaethon rutilos flamma populante capillos

volvitur in praeceps longoque per aera tractu 320

fertur, ut interdum de caelo stella sereno

etsi non cecidit, potuit cecidisse videri.

quem procul a patria diverso maximus orbe

excipit Eridanus fumantiaque abluit ora.

Naides Hesperiae trifida fumantia flamma 325

corpora dant tumulo, signant quoque carmine saxum:

hic : sitvs : est : phaethon : cvrrvs : avriga : paterni

qvem : si : non : tenvit : magnis : tamen : excidit : avsis





Ma in quel momento non gli servirono nubi

per coprire la terra, né pioggia che cadesse dal cielo:

tuonò, e librato un fulmine alto sulla destra,

lo lanciò contro l'auriga, sbalzandolo dal cocchio

e dalla vita, e con la furia del fuoco il fuoco represse.

Atterriti s'impennano i cavalli e con un balzo sciolgono

il collo dal giogo, spezzano i finimenti e fuggono.

Qui cadono i morsi, più in là l'asse divelto del timone,

da questa parte i raggi delle ruote fracassate e ciò che resta

del cocchio in frantumi è disseminato in ogni luogo.

Fetonte, con le fiamme che gli divorano i capelli di fuoco,

precipita vorticosamente su sé stesso e lascia nell'aria

una lunga scia, come a volte una stella che sembra

cadere, anche se in verità non cade, dal cielo sereno.

Lontano dalla patria, in un'altra parte del mondo,

l'accoglie l'immenso Erìdano, che gli deterge il viso fumante.

Le Naiadi d'Occidente seppelliscono il corpo incenerito

dal fulmine a tre punte e sulla lapide incidono questi versi:

"Qui giace Fetonte, auriga del cocchio di suo padre;

e se non seppe guidarlo, pure egli cadde in una grande impresa".


Now he has no clouds to cover the earth, or rain to shower from the sky. He thundered, and balancing a lightning bolt in his right hand threw it from eye-level at the charioteer, removing him, at the same moment, from the chariot and from life, extinguishing fire with fierce fire. Thrown into confusion the horses, lurching in different directions, wrench their necks from the yoke and throw off the broken harness. Here the reins lie, there the axle torn from the pole, there the spokes of shattered wheels, and the fragments of the wrecked chariot are flung far and wide.

But Phaethon, flames ravaging his glowing hair, is hurled headlong, leaving a long trail in the air, as sometimes a star does in the clear sky, appearing to fall although it does not fall. Far from his own country, in a distant part of the world, the river god Eridanus takes him from the air, and bathes his smoke-blackened face. There the Italian nymphs consign his body, still smoking from that triple-forked flame, to the earth, and they also carve a verse in the rock:

HERE PHAETHON LIES WHO THE SUN’S JOURNEY MADE
DARED ALL THOUGH HE BY WEAKNESS WAS BETRAYED

Translated by Sir Samuel Garth, John Dryden, et al
http://classics.mit.edu/Ovid/metam.html